Sistema sanitario svizzero: necessità di ottimizzare la qualità e il coordinamento

Berna, 20.11.2014 - La maggioranza della popolazione svizzera di età superiore ai 55 anni ha un’opinione essenzialmente positiva del sistema sanitario svizzero. È quanto risulta da un’ampia indagine demoscopica svolta in undici Paesi, sotto il patrocinio del Commonwealth Fund, e presentata a Washington. Tuttavia, in Svizzera gli interpellati si sono espressi criticamente, ad esempio in merito alla parziale mancanza di coordinamento nelle cure, al lacunoso scambio di informazioni tra medico e paziente e agli errori medici. Il coordinamento dell’assistenza medica è anche il tema della seconda conferenza nazionale Sanità2020, che si terrà nel gennaio del 2015.

Gli ultracinquantacinquenni sono soddisfatti del sistema sanitario svizzero in misura superiore alla media. Quasi due terzi di tutti i 1812 interpellati ne apprezzano il buon funzionamento, rilevando solo la necessità di piccole modifiche. Come già nelle precedenti edizioni delle indagini del Commonwealth Fund, in confronto alle altre nazioni partecipanti, la Svizzera si piazza molto bene attestandosi al primo posto, davanti a Gran Bretagna e Norvegia.

Ben un terzo delle persone interpellate considera il proprio stato di salute «molto buono» o «eccellente». All'incirca la metà lo giudica «buono» e quasi una persona su cinque (18 %) «mediocre» o «cattivo». Nel confronto internazionale la Svizzera occupa una posizione mediana. Il 72 per cento delle persone di età superiore ai 55 anni soffre di una o più malattie croniche, un dato che varia dal 59 per cento nella fascia d'età tra i 55 e 59 anni, all‘81 per cento tra gli ultraottantenni.

Dall'indagine emerge anche che i medici di famiglia svolgono un ruolo di primo piano nell'assistenza di base ai pazienti anziani. Per una grande maggioranza degli interpellati il primo punto di contatto in caso di bisogno è un medico di famiglia di cui apprezzano la modalità di intervento.

La rilevazione del Commonwealth Fund indica però anche un margine di miglioramento. Secondo i partecipanti, infatti, i medici discutono meno con i loro pazienti anziani, rispetto ad Paesi, degli aspetti legati alla prevenzione come l'attività fisica, la nutrizione, lo stress e il fumo. Una parte di essi auspica inoltre un miglior scambio di informazioni tra medico e paziente, ma anche tra medico di famiglia, specialista e ospedale. Il 44 per cento afferma, ad esempio, di non aver ottenuto informazioni scritte sugli aspetti fondamentali della salute dopo una dimissione dall'ospedale. Più della metà si lamenta per l'insufficiente informazione sugli effetti collaterali dei medicamenti e di non ricevere l'elenco dei medicamenti.

Un margine di miglioramento risulta anche per la qualità delle cure. Dal 7 al 13 per cento degli interpellati dice di aver notato errori, di non aver ottenuto risultati di analisi, di aver ricevuto indicazioni contradditorie o prescrizioni di analisi superflue. In questo ambito la Svizzera occupa la terzultima posizione su undici Paesi.

Lo scambio di informazioni funziona meglio quando le cure sono coordinate da un medico o da un centro sanitario. Sono soprattutto le persone affette da una o più malattie croniche a beneficiare di questo tipo di assistenza di base completa. I pazienti si sentono meglio informati dal proprio medico e maggiormente coinvolti nella terapia.

Gli ultracinquantacinquenni sono stati interrogati anche sull'assistenza sanitaria nell'ultima fase di vita. Una buona metà di essi dice di essersi già consultato con una persona di fiducia. Quasi un quarto dispone di un documento scritto, ad esempio di direttive del paziente. Il 4,3 per cento dichiara di essere membro di un'organizzazione di aiuto al suicidio, mentre l'8,5 degli interpellati manifesta l'intenzione di aderirvi in futuro.

Su alcuni temi l'indagine ha dato risultati diversi a seconda della regione, come ad esempio nel caso della scelta del modello assicurativo. Nella Svizzera tedesca, il modello del medico di famiglia, completato con un'assicurazione complementare, è nettamente più diffuso che nella parte latina del Paese. Differenze regionali sono registrate anche nella divisione dei compiti tra medici e personale specializzato non medico. Nella Svizzera tedesca è maggiore la disponibilità a far curare malattie croniche in centri sanitari e da personale sanitario non medico. Nella Svizzera italiana e francese, per contro, questo approccio viene visto con un certo scetticismo. Lo stesso vale anche per la disponibilità ad eseguire piccoli atti terapeutici, come le vaccinazioni, in farmacia piuttosto che nello studio medico. Nel rapporto sono riportate altre differenze regionali, come la constatazione che nella Svizzera francese vengono svolte molte più consulenze di prevenzione negli studi medici rispetto alla Svizzera tedesca e al Ticino. Infine, sono state effettuate analisi speciali per i Cantoni di Berna e Vaud, poiché essi hanno scelto volontariamente un campione rappresentativo più ampio.

Sanità2020
Per affrontare i punti deboli del sistema sanitario svizzero, il Consiglio federale ha predisposto nella sua agenda di politica sanitaria «Sanità2020», adottata nel gennaio 2013, una serie di misure che riguardano direttamente i problemi messi in luce dall'indagine del Commonwealth Fund. Un pilastro centrale è la promozione dell'assistenza coordinata e quindi un rafforzamento della catena medico-terapeutica. La seconda conferenza nazionale Sanità2020, che si terrà il 26 gennaio 2015, verterà principalmente proprio sul tema dell'assistenza coordinata.

La Svizzera partecipa dal 2010 al sondaggio internazionale sull’assistenza sanitaria del Commonwealth Fund. I risultati dell’indagine internazionale di quest’anno sono stati discussi al vertice ministeriale del Commonwealth Fund, tenutosi tra il 19 e il 21 novembre 2014 a Washington. Il Commonwealth Fund è una fondazione privata senza scopo di lucro, che intende incoraggiare sistemi sanitari ben rodati ed efficienti mediante un miglior accesso alle assicurazioni contro le malattie e un’ottimizzazione della qualità delle prestazioni. Alla riunione la Svizzera era rappresentata dal direttore dell’UFSP, Pascal Strupler.

Oltre alla Svizzera, hanno partecipato al sondaggio del 2014 «International Survey of Older Adults» del Commonwealth Fund, New York (USA), Australia, Germania, Francia, Gran Bretagna, Canada, Nuova Zelanda, Olanda, Norvegia, Svezia e Stati Uniti. All’indagine effettuata in Svizzera hanno preso parte complessivamente 1812 ultracinquantacinquenni, delle tre regioni linguistiche del Paese. Nel rapporto conclusivo, la valutazione del Commonwealth Fund si concentra sulla fascia d’età degli ultrasessantacinquenni. Il rapporto svizzero tiene conto di tutti i risultati dell’indagine sulle persone d’età superiore ai 55 anni.


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