«Una comunità di nazioni davvero unite, ispirata dai giovani e al servizio dei giovani» (Assemblea generale delle Nazioni Unite)

Berna, 24.09.2014 - New York, 24.09.2014 - Discorso del presidente della Confederazione svizzera Didier Burkhalter in occasione della 69a Assemblea generale delle Nazioni Unite - Fa stato la versione orale

I giovani, le loro aspettative e un dovere

«Un mondo dove gli esseri umani siano capaci di risolvere i problemi con mezzi pacifici, astenendosi dal ricorso alla violenza; un mondo fondato sulla libertà e sul rispetto reciproco; un mondo in cui tutti i giovani abbiano la prospettiva di un lavoro che gli permetta di vivere una vita serena.»

A darci questa descrizione del mondo che vorrebbe è un mio giovane compatriota. Si chiama Damian Vogt ed è Delegato svizzero alla gioventù (Youthrep) presso l’ONU. Questa settimana lavoreremo insieme, in questa sede, per un mondo così.

Poco più di un anno fa, avevamo un’altra giovane, davanti a questa assemblea universale, che si esprimeva con queste parole: «I speak – not for myself, but for all girls and boys (…) (so that those without a voice can be heard). Those who have fought for their rights: Their right to live in peace. Their right to be treated with dignity. Their right to equality of opportunity. Their right to be educated.»

Il mondo intero ricorda ancora queste parole, pronunciate da Malala Yousafzai. Il mondo intero ricorda ancora il coraggio di questa ragazza.

Che differenza tra il cammino di Malala e quello di Damian! Che differenza tra una vita in cui andare a scuola è un rischio per la propria sopravvivenza e una vita in cui la scuola è un diritto per vivere meglio. E malgrado queste differenze, Malala e Damian, e come loro milioni di giovani su questa Terra, chiedono la stessa cosa: la pace, la dignità, la libertà e l’uguaglianza, un’istruzione e un lavoro.

I giovani si aspettano a giusto titolo che noi tutti, rappresentanti delle Nazioni, dimostriamo di essere davvero uniti impegnandoci senza risparmiare le forze affinché domani si possa affidare loro un’umanità che conosca davvero la sicurezza, la libertà e la prosperità.

Rafforzare la sicurezza internazionale e riformare l’ONU

Un secolo fa scoppiava la prima guerra mondiale, 75 anni fa la seconda. Il ricordo di quegli eventi devastanti costringe l’umanità a impegnarsi per promuovere la sicurezza e la libertà; per creare le premesse della prosperità; per un’Organizzazione di Nazioni davvero Unite efficace e operosa, che possa essere un vero punto di incontro tra gli Stati al servizio dei Popoli, sorti dalle ceneri delle guerre mondiali per favorire la ricerca di soluzioni comuni ai nostri comuni problemi; per portare avanti il dialogo tra le Nazioni, indispensabile per evitare il peggio e preparare il meglio.

Al cuore di queste Nazioni unite, la Svizzera desidera dare il proprio contributo perseguendo prioritariamente un duplice obiettivo: rafforzare la sicurezza internazionale e riformare l’ONU.

Le enormi sfide della sicurezza

Il problema della sicurezza pone una serie di sfide enormi. Dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale, l’umanità non ha mai avuto tanti sfollati o esiliati: più di 50 milioni di uomini, donne e bambini sono stati allontanati dalle loro case. In alcuni Paesi, più di metà degli abitanti è stata costretta a spostarsi, destabilizzando con loro fuga intere regioni. Ognuno di questi casi umani cela una storia tragica.

Ad alimentare questa dilagante insicurezza concorre anche un altro fattore: 75 milioni di giovani tra i 15 e i 24 anni sono senza lavoro, e quindi senza prospettive. Uno ogni dieci su scala mondiale; in certe regioni addirittura uno ogni due!

Come se non bastasse, in un numero sempre più vasto di regioni nascono forze che attentano alle norme del diritto internazionale, e in particolare del diritto umanitario, le quali vengono ignorate, infrante, annientate. Si tratta di un’inammissibile violazione delle conquiste che l’umanità ha raggiunto costruendo sulle macerie dei due conflitti mondiali.

Questa tendenza si manifesta in modo particolarmente allarmante in Medio Oriente, specificatamente in Siria e in Iraq. La Svizzera condanna nel modo più assoluto gli atti di brutalità compiuti dal gruppo autoproclamatosi «Stato islamico» e dei suoi affiliati. Questi gruppi calpestano i diritti dell’uomo e il diritto internazionale umanitario, oltraggiano la dignità umana.

Ma l’Islam può, e deve, come le altre religioni, essere veicolo di pace, di umanità e di fratellanza. Dal canto loro, le Nazioni possono, e devono, essere davvero unite per ricordare sempre e ovunque che il diritto deve prevalere sulla forza.

Le gravi violazioni devono essere oggetto d’inchiesta. Le commissioni d’inchiesta indipendenti del Consiglio dei diritti umani o di organizzazioni regionali svolgono un ruolo fondamentale, in particolare la commissione d’inchiesta sulla Siria. Un ruolo fondamentale per le vittime e per l’avvenire, che prepara il terreno a una vera riconciliazione e all’instaurazione di una pace durevole.

Ecco perché la Svizzera, insieme a una sessantina di altri Stati, si è adoperata per chiedere al Consiglio di sicurezza di deferire il caso della Siria alla Corte penale internazionale. Il nostro impegno si concretizzerà anche nell’aumento degli aiuti umanitari per la regione.

La Svizzera chiede allo Stato iracheno di garantire che le  responsabilità delle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario vengano accertate e si unisce all’appello lanciato dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo affinché l’Iraq aderisca allo Statuto di Roma della Corte penale internazionale.

Per costruire la pace in maniera duratura, bisogna attaccare le basi dei conflitti. La sfida che rappresenta nella regione l'autoproclamato «Stato islamico» non potrà essere raccolta che quando la crisi in Siria sarà affrontata nella sua integralità. La Svizzera chiede alle parti di ritornare al tavolo delle negoziazioni e a lavorare a una soluzione pacifica del conflitto siriano.

Quanto a tutti gli estremismi che possono sfociare in atti di terrorismo, ci si deve preoccupare delle cause, dimostrare ai giovani che quella della violenza è una scelta senza prospettive. L’istituzione a Ginevra del Fondo mondiale contro l’estremismo violento (Global Community Engagement and Resilience Fund, GCERF) è un passo importante in questa direzione. Il fondo accorderà il proprio sostegno a progetti di organizzazioni locali intesi a rafforzare l’istruzione, l’impegno civile, i diritti delle donne, la capacità delle comunità locali di proporre alternative all’estremismo violento.

Crisi molteplici e loro soluzioni

Nel 2014 il nostro pianeta vede crisi molteplici e diverse intrecciarsi l’una con l’altra: nel Vicino Oriente, nel Maghreb, in Africa, nella stessa Europa, che quest’anno con la crisi in Ucraina è tornata a essere teatro di guerra. Una situazione che minaccia la sicurezza dell’intero continente.

La violazione dei principi stabiliti dall’Atto di Helsinki e del diritto internazionale richiede una risposta determinata da parte della comunità internazionale, tanto di fronte a un’illecita annessione di territorio come in Crimea quanto di fronte a incursioni militari come quelle nell’Est dell’Ucraina.

Ma questa risposta deve rimanere ponderata ed essere accompagnata da un atteggiamento di apertura al dialogo e collaborativo, affinché le opposte posizioni possano essere discusse con franchezza. Isolare la Russia dal resto d’Europa non risolverebbe il problema e ne genererebbe di nuovi, in Europa e fuori.

Affinché l’Ucraina e l’Europa ritrovino la stabilità, dobbiamo risolvere questa crisi insieme alla Russia, non contro di lei. E la stabilità raggiunta sarà tanto più duratura se l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), quest’anno sotto presidenza svizzera, riuscirà a rinsaldare le basi della sicurezza cooperativa tra la regione euro-atlantica e quella euro-asiatica.

In quanto presidenza svizzera dell’OSCE appoggiamo pienamente l’indispensabile operato del gruppo di contatto con l’Ucraina e la Russia; predisponiamo le misure necessarie a potenziare le risorse della missione speciale di osservatori civili, chiedendo dunque agli Stati partecipanti di potenziare il sostegno accordato; ed elogiamo il costruttivo rapporto di collaborazione con le Nazioni Unite.

La Svizzera e la prevenzione dei conflitti

In questo precario equilibrio mondiale, le Nazioni devono mostrarsi davvero unite nella volontà di agire. La Svizzera si impegna per rafforzare la sicurezza, operando anzitutto nel campo in cui può dare di più, ossia in quello della prevenzione dei conflitti.

Per prevenire la violenza, occorrono anzitutto un’istruzione adeguata per tutti, delle opportunità per ogni giovane essere umano. «We want schools and education for every child’s bright future» ci dice Malala. Merita il nostro plauso l’iniziativa lanciata dal Segretario generale per rendere l’istruzione una priorità globale: le Nazioni devono impegnarsi unite in favore dell’istruzione. La Svizzera promuove la libera istruzione di massa a distanza (iniziativa CMELL) e vuole sviluppare l’apprendistato duale, a scuola e in azienda, che apre le porte alle professioni e richiede un comune impegno da parte dello Stato e delle parti sociali.

Per prevenire le tensioni, dobbiamo in secondo luogo dare voce a tutti, promuovere l’integrazione. La storia della Svizzera, con il segreto della sua secolare stabilità, affonda le proprie radici nella condivisione del potere, nel dialogo diretto con le minoranze, nella ripartizione delle competenze tra il centro e le regioni. Più consultazione porta a meno confronti.

Per prevenire e gestire le tensioni, dobbiamo potenziare le capacità di mediazione dell’ONU e delle organizzazioni di sicurezza regionali, in special modo dell’OSCE, che ne è la più grande.

Dobbiamo anche condividere queste forze e questa capacità, cooperando in favore della pace. A generare crisi, tensioni e guerre concorrono anche le occasioni non colte, i dialoghi non tentati.

La Svizzera ha deciso di intensificare le sue attività di cooperazione internazionale nel settore dello sviluppo e dell’aiuto umanitario: l’anno venturo destineremo a questo settore l’equivalente dello 0,5 per cento del prodotto interno lordo. Per dirla in cifre, ogni abitante della Svizzera darà un po’ più di un dollaro al giorno per aiutare i più poveri del pianeta.

Il processo post 2015 ci offre un’occasione unica per agire tutti insieme e trasformare i problemi del mondo in opportunità. L’agenda universale per lo sviluppo sostenibile deve essere una sola, con obiettivi comuni chiari e misurabili. E noi tutti dobbiamo impegnarci per fare in modo che questi obiettivi siano effettivamente raggiunti.

Se tutte le nostre Nazioni sono davvero unite, possiamo veramente far sì che in futuro non ci sia più persona al mondo costretta a vivere nell’indigenza.

Possiamo far sì che la creazione di posti di lavoro e di ricchezza, e quindi le imprese, sviluppino i diritti dell’uomo e rispettino le risorse limitate del nostro pianeta.

L’agenda post 2015 ci offre una chiave per governare le sorti del mondo e delle future generazioni.

La Svizzera di fronte all’urgenza delle crisi

Alcune delle crisi attuali non possono attendere le discussioni per la definizione di un’agenda, per quanto sostenibile sia.

La Svizzera, come altri, ha quindi deciso di intensificare il proprio impegno umanitario nella battaglia contro il flagello dell’ebola. In questa battaglia il mio Paese schiera anche le competenze dei suoi centri di ricerca, tra i migliori del mondo, disposti a lavorare alacremente alla realizzazione di test clinici dei vaccini di cui l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) vuole accelerare lo sviluppo.

Allo stesso modo, dobbiamo impegnarci giorno dopo giorno per proteggere la gioventù dagli orrori della guerra. Bambini e ragazzini devono stare a scuola e in famiglia, non sui campi di battaglia. Anche qui, tutte le nostre Nazioni dovrebbero essere davvero unite, perché troppo spesso i bambini sono vittime dei conflitti, o addirittura protagonisti. Bambini che vengono privati del diritto di essere semplicemente bambini.

La Svizzera rafforza la sua azione in favore della protezione e della salute delle donne e in particolare delle ragazze, soprattutto in ambito sessuale. Promuove anche un piano d’azione per combattere il coinvolgimento dei giovani nei conflitti e il fenomeno dei bambini soldato.

L’ONU come orecchio al servizio dei popoli

Per affrontare tutte queste sfide abbiamo bisogno dell’unità di intenti delle Nazioni Unite, ma anche di un’organizzazione efficace, trasparente e democratica.

«Noi, popoli delle Nazioni Unite»: con questo esordio, il nostro Statuto ci ricorda che, per perseguire i suoi fini, l’ONU deve essere prima di tutto un orecchio per i popoli e mantenersi al loro servizio.

Concretamente, dobbiamo sviluppare gli organi preposti alla prevenzione dei conflitti. La Svizzera plaude all’iniziativa adottata dal Segretario generale per rafforzare l’impegno delle Nazioni Unite a favore dei diritti dell’uomo, in particolare nelle regioni sensibili. In nome di 55 Stati, il mio Paese ha lanciato un appello affinché siano aumentati i fondi devoluti a queste attività.

Dobbiamo anche potenziare le missioni politiche speciali dell’ONU per la prevenzione dei conflitti e le attività della Commissione per il consolidamento della pace.

Le Nazioni Unite devono concentrare i loro sforzi nelle operazioni sul terreno, nell’interesse dei popoli, e non perdersi nei meandri della burocrazia. Pertanto, insieme ad altri otto Stati, la Svizzera ha incaricato un gruppo di esperti di formulare delle raccomandazioni per una riforma del processo budgetario e di pianificazione.

Infine, il potere dell’ONU di fronte alle sfide del mondo si gioca anche nella sua legittimità, nella sua capacità di essere trasparente e inclusiva, anche in seno al Consiglio di sicurezza.

Noi riteniamo infatti che i membri permanenti non debbano bloccare con un veto le iniziative intese a prevenire o interrompere genocidi, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. La Svizzera accoglie positivamente l’iniziativa della Francia a favore di un accordo volontario tra i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza sulla rinuncia al diritto di veto in caso di atrocità di massa.

La Svizzera, Ginevra e il diritto umanitario

Un giorno ormai lontano, un giovane uomo che percorreva l’Italia settentrionale rimase sconvolto dalle sofferenze viste sui campi di battaglia in cui si affrontavano le potenze europee. Era il 1859, a Solferino.

Il giovane si chiamava Henry Dunant e soccorreva i soldati con l’aiuto delle donne della regione. Rientrato a casa, a Ginevra, si dedicò anima e corpo a sensibilizzare il mondo su quella tragedia.

Grazie al suo impegno, prese vita il Movimento della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa. E grazie alla sua tenacia fu sottoscritta, esattamente 150 anni or sono, il 22 agosto 1864, la prima Convenzione di Ginevra.

Con questo documento, che è una riproduzione dell’originale conservato a Ginevra, e che tra qualche istante consegnerò al presidente dell’Assemblea generale, gli Stati si impegnavano per la prima volta a soccorrere e proteggere i soldati feriti. Ogni Stato firmatario si obbligava a rispettare e far rispettare questi principi di umanità: nasceva così il diritto internazionale umanitario.

Oggi, dopo 150 anni, il diritto internazionale umanitario è troppo spesso ignorato, calpestato, deliberatamente vilipeso. In occasione dell’ultima Conferenza della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, la Svizzera e il CICR sono stati incaricati di consultare gli Stati e di emanare opportune raccomandazioni. L’anno prossimo, in vista della prossima Conferenza, presenteremo le nostre conclusioni e lanceremo un’iniziativa concreta intesa a rafforzare il rispetto del diritto umanitario. Si tratterà di creare meccanismi comuni e un foro istituzionale prettamente consacrati al diritto umanitario e che consentano di agire compatti per rafforzarne il rispetto.

Da 150 anni, non solo le Convenzioni ma anche lo spirito di Ginevra brillano nel mondo intero come un faro, come luogo di pace e di risoluzione dei conflitti; luogo di impegno umanitario e di difesa dell’umanità.

Ginevra è un dono per la Svizzera e per il mondo intero e noi vogliamo ulteriormente rafforzarla per fornire soluzioni utili all’umanità, riunendo le Nazioni all’insegna del dialogo. La Svizzera vuole adoperarsi per consolidare le strutture presenti a Ginevra e favorire la condivisione delle numerose competenze che vi sono accentrate.

Realizzare insieme il sogno dei giovani

Come Malala e come Damian oggi, Henry Dunant anelava un secolo e mezzo fa alla pace, alla libertà, alla prosperità per il mondo.

La sua biografia e la storia della Croce Rossa e delle Convenzioni di Ginevra lanciano un incoraggiante messaggio d’impegno a tutti i giovani della Terra: l’impegno di ognuno di noi può fare la differenza!

Tra pochi giorni la Svizzera ribattezzerà una delle vette più elevate delle Alpi, a 4632 metri di altitudine, che sarà denominata in futuro «Punta Dunant». Henry Dunant, che ricevette il primo premio Nobel per la pace, avrà dunque una sua vetta in cima all’Europa.

Ma non ci si può accontentare di ribattezzare le montagne. In questo luogo, dove le Nazioni si riuniscono, abbiamo anche il potere di spostare le montagne. A patto di essere davvero uniti e di impegnarci insieme per realizzare il sogno di Malala, quello di Damian e quello di tutti i giovani del mondo.

Ai giovani dobbiamo un mondo migliore. E possiamo costruirlo insieme, se vogliamo comportarci da Nazioni davvero unite, non solo a parole ma anche nei fatti.

Nazioni unite i cui governi trovano vigore nel popolo e per il bene del popolo; Nazioni unite che si lasciano ispirare dalla gioventù e per il bene della gioventù.


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