Egregio abate del Monastero di Disentis
Egregio signor direttore della Fondazione svizzera degli studi
Egregio signor presidente della Lia Rumantscha
Care studentesse e cari studenti,
Gentili signore, egregi signori,

è per me un grande piacere poter prendere la parola qui a Disentis in occasione di quest'incontro promosso dalla Fondazione svizzera degli studi per giovani accademici di tutta la Svizzera. Desidero anch'io porgervi il benvenuto in questa meravigliosa sala rinnovata intitolata a Peter Kaiser. Mi rallegro che due studentesse della Fondazione svizzera degli studi abbiano preso l'iniziativa di organizzare un seminario dedicato al romancio. Sono certa che in questi tre giorni si potrà scoprire un universo linguistico e culturale di grande fascino, e per nulla marginale come molti credono.

Al tempo in cui ho frequentato il liceo, qui, nella scuola del monastero, le ragazze non erano ancora ammesse; ho dunque studiato nel liceo di Coira. Eppure la scuola del monastero è stata una presenza importante nei miei anni di gioventù. Negli anni Sessanta e all'inizio degli anni Settanta hanno studiato qui in internato i miei fratelli. Potevano rientrare a casa soltanto una volta al trimestre. Per loro non è stato facile, anche perché abitavamo in valle appena 20 km più in giù, a Ruschein. Dunque, per diversi anni, in autunno e primavera, domenica dopo domenica si veniva con i miei genitori «in pellegrinaggio» a Disentis. Dopo la messa, «prelevavamo» mio fratello Georges, e in seguito Christian, e salivamo verso il Lucomagno per andare in Ticino a fare un picnic sul piano di Magadino e più tardi un giro in barca sul lago. Dopo un gelato riprendevamo la via del ritorno e «depositavamo» i miei fratelli al monastero. Già in gioventù, dunque, tra lo studio in lingua tedesca nel liceo di Coira, la vita in famiglia nei villaggi romanci di Ruschein e Tarasp e le calate domenicali nel Ticino di lingua italiana ho potuto sperimentare nel vivo il plurilinguismo svizzero.

Voglio ora condividere con voi alcune riflessioni, aneddoti e informazioni sul romancio e l'identità plurilingue della Svizzera secondo il mio punto di vista. Dapprima illustrerò in prospettiva storica la situazione culturale e linguistica locale. Di seguito parlerò di alcune relazioni e scambi sul piano politico e linguistico tra i Grigioni e la Confederazione. In conclusione mostrerò il quadro legale attuale in cui s'iscrivono il plurilinguismo e la comprensione nazionale.

1. Disentis e i Grigioni: un excursus storico

Per affrontare il tema del plurilinguismo non avreste potuto scegliere un luogo più appropriato di Disentis, visto che questo villaggio è uno snodo di vie di comunicazione di portata geostrategica sopraregionale. Il Lucomagno collega la Surselva con la Valle di Blenio e il Ticino; già dal Medioevo questa via di transito attraverso le Alpi fu molto battuta da imperatori, commercianti e pellegrini. Il Passo dell'Oberalp mette in comunicazione la Surselva con Andermatt e in tal modo con il Passo del San Gottardo e il Passo del Furka, dunque di nuovo con il Ticino, con Uri, con il Vallese e attraverso il Passo del Grimsel, con il Cantone di Berna.

Ma lungo queste montagne non corrono soltanto confini politici e geografici. Sono anche uno spartiacque linguistico: a sud si parla italiano, ad ovest tedesco. Disentis fa parte della regione romancia tradizionale: ancora oggi qui l'86 per cento della popolazione parla romancio. Tuttavia se in passato nel villaggio vi era un numero elevato di romanci monolingui, oggi non ve ne sono quasi più. La frontiera linguistica corre oggi dunque attraverso il villaggio o, più esattamente, non si ferma nemmeno di fronte all'individuo. Oggi noi romanci siamo per forza tutti plurilingui. Ogni romancio cresce almeno con due lingue, il romancio e il tedesco. Il bilinguismo e il plurilinguismo sono dunque da queste parti una realtà quotidiana.

Diversi monumenti della regione dimostrano che lo scambio tra lingue e culture, lungi dall'essere un fenomeno moderno, vanta una lunga tradizione. Un esempio emblematico è la cappella di Sant'Agata (Sontga Gada), la più importante delle 14 chiese e cappelle di Disentis. Questa graziosa chiesetta d'epoca medievale si trova a pochi passi da qui, nei prati che guardano a sud, verso la valle di Medels e il Lucomagno. Gli affreschi che la decorano sono stati realizzati da Nicolao e Cristoforo da Seregno. Questi due artisti provenienti dalla Lombardia, attivi nella seconda metà del Quattrocento, hanno lasciato una serie di affreschi tardogotici molto interessanti e ben conservati.

Ma la cosa più singolare è che l'affresco più grande, quasi quattro metri per tre, è una copia quasi fedele dell'Adorazione dei Magi realizzata a Firenze nel 1427 da Gentile da Fabriano, un grande maestro del Rinascimento, e ora conservata nella Galleria degli Uffizi. Come se ciò non bastasse, Nicolao e Cristoforo da Seregno hanno ripreso lo stesso soggetto, con poche varianti, anche nella chiesa di Sant'Eusebio (Sogn Sievi) a Breil/Brigels, a pochi chilometri da qui, lungo la via che un tempo permetteva il transito di merci e persone verso Glarona, attraverso il Passo del Kisten.

Gli scambi culturali tra Grigioni e Italia, per non dire tra Grigioni ed Europa, non sono tuttavia stati unidirezionali. Se stranieri hanno lasciato importanti segni qui, anche i Grigionesi si sono fatti valere all'estero. Ricordo due importanti tradizioni di emigrazione di mestiere dal Grigioni: gli scalpellini delle valli del Grigioni meridionale e i caffettieri dell'Engadina.

Già nel XVI secolo molti Mesolcinesi presero a emigrare un po' ovunque in Europa, in particolare nella Germania meridionale, in Austria e Polonia, dove lavoravano come architetti, stuccatori, maestri vetrai, scalpellini e pittori. Attorno al 1650 una quota notevole della popolazione maschile di Mesolcina e Calanca si trovava all'estero. Molti si erano fatti un nome nella costruzione e nella decorazione di edifici, svolgendo talvolta ruoli di primissimo piano nella realizzazione di opere di grande importanza come le cattedrali di Breslavia, Cracovia e Genova, il duomo di Ratisbona, il castello dei Principi Elettori di Coblenza e l'Abbazia di Ettal in Alta Baviera.

Da tutto il Grigioni, ma in particolare dall'Engadina, partirono pasticceri e caffettieri che fondarono e gestirono con successo un po' ovunque in Europa salotti mondani, confetterie, pasticcerie e caffetterie. Ancora oggi si può andare da Caviezel a Catania, Gilli a Firenze, Klainguti a Genova o Sandri a Perugia. In Engadina gli emigranti che rientravano durante i mesi estivi nelle montagne natie erano soprannominati «randulin», rondini. Coloro che fecero fortuna all'estero, una volta rientrati, incisero in modo profondo sull'evoluzione sociale e culturale, e, più concretamente, sul volto dei villaggi. Spesso s'impegnarono con grande slancio di generosità a favore della comunità. Tra il XVII e il XIX secolo vi fu in queste valli alpine apparentemente marginali, ma collocate lungo i principali assi di transito europei, un importante trasferimento di culture.

Anche la presenza del monastero in questo snodo di vie di comunicazione non è casuale. Fondato già nel VII secolo, il monastero ha svolto fin dal Medioevo la funzione di amministratore e protettore dei passi alpini ed è stato in certi momenti in balia delle grandi potenze europee. I monasteri svolgevano un ruolo geostrategico molto importante. Non è un caso che proprio all'ingresso e all'uscita del Grigioni vi siano due località con un toponimo che deriva dal latino «monasterium»: Mustér, qui nella Surselva, che in italiano denominiamo generalmente con la versione tedesca Disentis e, al di là del Passo del Forno, al confine con l'Italia, Müstair, che in italiano chiamiamo appunto Monastero. Quale centro religioso e culturale di notevole portata il monastero ha anche avuto molta importanza per la storia e lo sviluppo della valle, del Cantone e della regione. Molte persone entrate in contatto con il monastero hanno per esempio fornito un notevole contributo allo studio del romancio e, più in generale, al movimento linguistico romancio. Voglio in particolare ricordare l'opera di tre importanti studiosi: un monaco, un rettore e un allievo della scuola del monastero.

Padre Placidus a Spescha, il monaco (1752-1833)
Julius Baptist Spescha da Trun, giunse nel monastero benedettino di Disentis nel 1774 e studiò poi filosofia e teologia ad Einsiedeln. Quale studioso delle Alpi, di storia naturale e linguista divenne uno degli esponenti più importanti dell'Illuminismo nei Grigioni e in Svizzera.

Verso la metà del XVIII secolo viaggiatori zurighesi descrissero la Surselva come una «terra maledetta», una «landa selvaggia, sterile, desolata» popolata da persone con stampata in viso «ben poca umanità, se non bestialità e brutalità». A questa descrizione Pater Placidus a Spescha oppose l'immagine positiva delle Alpi e dei loro abitanti certamente «selvaggi e indomiti come le Alpi», ma probi, semplici, laboriosi e soprattutto «liberi come gli animali selvaggi che popolano le Alpi». Pader Placidus a Spescha è stato anche il primo a lodare il plurilinguismo dei montanari delle Alpi e a impegnarsi per promuovere la consapevolezza di sé e della propria lingua dei romanci. Nel suo studio Descrizione delle Alpi, in particolare le più alte (Die Beschreibung der Alpen, vorzüglich der höchsten) del 1823 possiamo leggere:

«La lingua dei montanari che abitano le Alpi è tanto diversa, quanto le loro opinioni in campo religioso. [...] Nelle Alpi si parla tedesco, italiano, francese e romancio, con quest'ultimo che può essere definito la vera e propria lingua alpina, in diversi dialetti. [...] Possiamo dirlo: il romancio deriva dagli Etruschi e nelle Alpi è la lingua più antica, sebbene il suo vocabolario, ad eccezione della terminologia alpina, sia il più povero. È stata da sempre la lingua dominante di tutta la Rezia; ora è però stata ricacciata nelle più selvagge valli alpine.»

Peter Kaiser, il rettore (1793-1864)
Questa bella sala è stata intitolata a Peter Kaiser, lo storico, pedagogo e filologo originario del Liechtenstein. Kaiser è stato rettore dal 1837 al 1842 della locale scuola cattolica cantonale. Oltre a studiare la storia dei Grigioni si è interessato delle lingue del Cantone, in particolare il romancio. Già nel 1838 perorava la fondazione di una «Società per lo studio della lingua romancia». Questa richiesta fu esaudita 30 anni dopo con la fondazione, nel 1868, della Societad Retorumantscha.

Caspar Decurtins, ex allievo della scuola (1855-1916)
Caspar Decurtins ha trascorso alcuni anni qui, nella scuola del monastero. La sua attività politica ultraventennale di consigliere nazionale tra le file del Partito conservatore, il suo ruolo di cofondatore dell'Università di Friburgo e la sua attività accademica come professore di storia l'hanno reso famoso in tutta la Svizzera. Nei Grigioni si è impegnato a favore dei diritti popolari, dell'autonomia comunale e del romancio. La sua Crestomazia romancia, che raccoglie in 13 volumi testi romanci e letteratura orale di sette vallate risalenti fino a quattro secoli fa, rappresenta ancora oggi una base del movimento linguistico romancio. Più tardi sarà soprannominato «il leone di Trun».

Con questa carrellata storica ho voluto ricordare come i traffici e i flussi migratori abbiano lasciato in una zona di transito come i Grigioni tracce significative. Il Cantone dei Grigioni è da oltre 1000 anni una realtà plurilingue. Fin dall'Illuminismo i Grigioni hanno suscitato l'interesse di molti eruditi che hanno studiato la sua storia e identità linguistica.

2. Il Grigioni e la Svizzera: plurilinguismo e federalismo delle Tre Leghe come modello

Il plurilinguismo del Grigioni e lo spirito federalista che ne deriva hanno influito sull'assetto istituzionale, la politica linguistica e l'identità plurilingue della Confederazione. Il federalismo - come il plurilinguismo - è un tratto distintivo della Svizzera attuale. La culla del federalismo non sono però i Cantoni originari Uri, Svitto e Untervaldo, bensì i Grigioni e il Vallese, che non a caso erano realtà plurilingui ben prima della fondazione della Confederazione.

Si è sempre detto e si dice ancora che il Grigioni sia una Svizzera in piccolo. È ovviamente una semplificazione, che però, sotto molti punti di vista, contiene un nucleo di verità. Ben prima della costituzione dello Stato federale, nel 1848, il Grigioni era come repubblica delle Tre Leghe uno Stato federale. Dal 1524 le Tre Leghe - la Lega Caddea, la Lega Grigia e la Lega delle Dieci Giurisdizioni, i cui stemmi ritroviamo nella bandiera cantonale - possedevano una Costituzione comune. La repubblica delle Tre Leghe aveva una struttura fortemente federalista. Tutte le decisioni della Dieta dovevano essere confermate dalla maggioranza dei Comuni - ciò che richiama all'attuale maggioranza dei Cantoni -, ai quali era riconosciuto anche il diritto d'iniziativa e di referendum. La repubblica delle Tre Leghe era un territorio alleato della vecchia Confederazione e le relazioni erano regolate, per utilizzare una terminologia moderna, da un sistema di «accordi bilaterali». La Dieta federale si interessò al sistema politico della repubblica delle Tre Leghe, la cui struttura federalista sotto diversi punti di vista rappresentava per la Vecchia Confederazione un modello. Nella grande autonomia dei Comuni grigioni, che consentì una fattiva convivenza in un contesto plurilingue e in seguito pluriconfessionale, vanno dunque ricercate le origini dell'autonomia dei Cantoni, che suscita attualmente molte discussioni. Semplificando si può affermare che questo istituto tradizionale della Svizzera sia sostanzialmente un istituto del Vallese e del Grigioni, che deriva in gran parte dalla situazione di plurilinguismo del Cantone.

Per lungo tempo la Confederazione non è stata uno Stato plurilingue, bensì esclusivamente tedescofono. Con la città e repubblica di Friburgo la Confederazione acquisì già nel 1481 un territorio bilingue. Tuttavia, siccome la bilingue Friburgo comunicò da subito con la Confederazione soltanto in tedesco, una questione linguistica non si pose. Altri territori di lingua francese, come Vaud e il Basso Vallese, ma anche il Ticino italofono, furono fino alla fine dell'Ottocento dei baliaggi. Soltanto con la Rivoluzione francese cambiò il rapporto con la lingua francese; l'Atto di Mediazione del 1803 rese poi la Svizzera per la prima volta ufficialmente plurilingue. Nella Costituzione federale del 1848, su richiesta del Vallese e del Ticino, fu sancito che «le tre lingue principali» tedesco, francese e italiano erano «lingue nazionali della Confederazione». Due anni più tardi, quale atto di riverenza verso la Svizzera francese, la Confederazione introdusse come moneta ufficiale non il tallero o il fiorino diffusi nella Svizzera tedesca, bensì il franco, da molto tempo in uso nella Romandia. Questa moneta di origine francese aveva tra l'altro il vantaggio del sistema decimale, che consentiva di calcolare con più facilità ed era dunque più adatta anche per i commerci. Il principio di una Svizzera plurilingue basata su un partenariato tra la maggioranza e le minoranze linguistiche secondo il principio di uguaglianza s'impose dunque soltanto nel XIX e XX secolo.

Il plurilinguismo istituzionale fu sancito nella Costituzione federale del 1848 ma le leggi, le ordinanze e gli atti normativi continuarono ad essere tradotti soltanto in francese, e neppure in modo sistematico. La situazione migliorò soltanto nel 1896 con l'entrata in carica di un vicecancelliere di lingua francese (Georges Wagnière 1862-1948) che aveva il compito di verificare che tutti gli atti fossero sistematicamente tradotti in francese. Una versione in italiano del Foglio federale fu pubblicata per la prima volta alla fine della Prima Guerra mondiale. Ma per lungo tempo la versione italiana restò piuttosto striminzita.

Il plurilinguismo s'impose sotto il profilo ideologico e si radicò come vero e proprio tratto identitario della Confederazione svizzera soltanto nel periodo tra le due guerre mondiali nel solco della cosiddetta difesa spirituale della nazione. In questo contesto il romancio svolse una funzione tutt'altro che marginale.

Alla fine della Prima Guerra mondiale si levarono nei Grigioni le prime voci che chiedevano di sancire il romancio nella Costituzione quale lingua nazionale. All'inizio degli anni Trenta queste richieste assunsero un peso politico tale, da spingere il Governo grigione a presentare una petizione al Consiglio federale in cui chiedeva il riconoscimento del romancio quale lingua nazionale. Nel periodo tra le due guerre la Svizzera si trovò nella morsa di discorsi nazionalistici aggressivi provenienti da Nord e da Sud. Per esempio, nazionalisti italiani sostenevano che il romancio non fosse una lingua autonoma, bensì un dialetto italiano, e dunque in quanto tale facesse parte della cultura e dello Stato italiano. In Svizzera il consenso sulla libertà di lingua e di autodeterminazione dei piccoli determinò una grande coesione politica. L'autodeterminazione dei «piccoli romanci» divenne il simbolo dell'autodeterminazione della piccola Svizzera. Il consigliere federale conservatore cattolico Philipp Etter, considerato il padre della difesa spirituale, sostenne la rivendicazione dei romanci sin dall'inizio. Si rallegrava di questa «richiesta patriottica» in un'epoca dominata da preoccupazioni economiche e sociali. Sentite come perorò la causa dei romanci in Parlamento:

«Ringraziamo di cuore i nostri amici romanci, perché con la loro rivendicazione hanno dato la possibilità al nostro Popolo di sollevarsi dalle preoccupazioni materiali e dalle contese economiche e di prendere coscienza dei valori spirituali e di un atto spirituale [...]. Un popolo di montanari di 40 000 anime che si dimostra così attaccato alla lingua delle sue origini, che sa difendere la sua lingua con tale passione, dà prova della sua grandezza morale e spirituale.»

Con questo richiamo al patriottismo spirituale e alla solidarietà confederale fu possibile mobilitare le masse. Il 20 febbraio 1938 il romancio assurse a quarta lingua nazionale con una maggioranza travolgente del 92 per cento dei voti. Un risultato di simile ampiezza fu raggiunto nella storia della Confederazione soltanto pochissime volte.

Si può dunque affermare che il federalismo, come lo intendiamo in Svizzera, si è sviluppato in due realtà statuali plurilingue, il Vallese bilingue e il Grigioni trilingue. Questi due Cantoni hanno funto da modello per la Confederazione. Se il federalismo linguistico è sancito nelle Costituzioni federali del 1848 e del 1874, il plurilinguismo si sviluppa nello Stato soltanto lentamente. Nel periodo tra le due guerre mondiali la propaganda per far assurgere il romancio a quarta lingua nazionale rafforza la presa di coscienza sul plurilinguismo della Svizzera.

3. Plurilinguismo e diversità culturale nell'attuale legislazione nazionale e internazionale

Dopo questa breve ricognizione storica, esaminiamo ora la situazione del plurilinguismo e della diversità culturale nell'attuale legislazione. Ovviamente qui posso affrontare questo tema solo per sommi capi.

Il plurilinguismo e la diversità culturale sono stati negli ultimi decenni un tema politico internazionale. E anche in Svizzera il Legislativo e l'Esecutivo si sono occupati a fondo per alcuni anni del plurilinguismo nelle istituzioni e nella società nell'ambito dell'elaborazione della legge sulle lingue e della pertinente ordinanza.

Il contesto internazionale
Durante gli anni Sessanta s'iniziò a discutere in seno all'ONU sulla protezione generale delle minoranze. Il 19 dicembre 1966 fu stipulato il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, che garantisce agli appartenenti di minoranze etniche, religiose o linguistiche di avere una vita culturale propria, di professare e praticare la propria religione, e di usare la propria lingua. Per verificare l'adempimento degli obblighi contratti dagli Stati fu istituito un Comitato per i diritti dell'uomo. In Svizzera il Patto è entrato in vigore nel 1992.

A livello europeo la Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione iniziò a occuparsi della questione delle minoranze negli anni Settanta. Dopo la caduta del Muro di Berlino e a seguito dei conflitti con le minoranze nell'Europa dell'Est e di diversi moti nazionalistici in Europa, dagli anni Novanta ha iniziato a occuparsi di tutela delle minoranze nell'ambito del diritto internazionale anche il Consiglio d'Europa.

Nel 1992 il Consiglio d'Europa emanò una convenzione frutto di undici anni di lavori. L'obiettivo principale della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie consiste nella salvaguardia e nella promozione della pluralità linguistica quale uno tra i più preziosi elementi della vita culturale europea. La Carta intende favorire l'uso delle lingue regionali o minoritarie nell'insegnamento, nella giustizia, nelle autorità amministrative, nei mezzi di comunicazione di massa, nelle attività culturali e nella vita economica. La Svizzera ha ratificato la Carta con decreto federale del 23 settembre 1997. La Confederazione ha definito quali lingue regionali o minoritarie ai sensi della Carta il romancio e l'italiano e sottoposto le misure per promuoverle.

Nel 1995 è stata siglata a Strasburgo la Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali. È entrata in vigore per la Svizzera nel 1999. Il terzo rapporto dettagliato della Svizzera sull'attuazione della Convenzione-quadro è atteso per il prossimo mese di gennaio. Il DFAE, in qualità di dipartimento responsabile, lavora all'attuazione della Convenzione-quadro in stretto contatto con altri dipartimenti, i Cantoni e le organizzazioni interessate.

Il 18 marzo 2007, infine, è entrata in vigore la Convenzione dell'UNESCO sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali la quale istituisce una base di diritto internazionale vincolante che fonda il diritto di tutti gli Stati ad avere una propria politica culturale. Questa Convenzione costituisce un passo importante per impedire che si sviluppi una «monocultura globalizzata». Le diversità linguistiche e culturali sono dunque definite come bene fondamentale e elemento identitario, e la salvaguarda di queste diversità è considerata un pilastro della cittadinanza democratica e della politica delle minoranze nello Stato di diritto. Visti gli obiettivi perseguiti, va da sé che la Svizzera abbia svolto con Francia e Canada un ruolo di primo piano nell'elaborazione della Convenzione. Dopo l'approvazione a larghissima maggioranza nel Consiglio degli Stati nel marzo 2008, il 16 luglio 2008 la Svizzera ha ratificato la Convenzione.

Il contesto nazionale
Come abbiamo visto, il plurilinguismo, ovvero la convivenza di più lingue in un gruppo sociale o uno Stato, oltre ad essere un tratto identitario della popolazione svizzera è anche e sopratutto radicato nelle istituzioni federali. A seguito dei grandi rivolgimenti sociali e politici degli ultimi due decenni il dibattito in Svizzera sulle lingue nazionali deve fare i conti con un contesto totalmente modificato, basti pensare agli Accordi bilaterali e alla libera circolazione delle persone, all'evoluzione straordinaria dei mezzi di comunicazione e di Internet, al predominio della lingua inglese nei processi di globalizzazione e, parallelamente, agli sforzi per rivalutare il dialetto. Quest'evoluzione ha condizionato le nostre riflessioni sul ruolo delle lingue e dell'identità nazionali.

La lunga gestazione della legge sulle lingue ufficiali meriterebbe un racconto a parte tanto è «elvetica», emblematica della complessità del nostro Stato federale e dei sottili equilibri che lo reggono, proprio in questi aspetti culturali e identitari.

Basti dire che l'impulso iniziale è stata una mozione depositata nel 1985 dal consigliere nazionale grigionese Martin Bundi (85.516) che si preoccupava per il futuro del romancio. Il dibattito sulle lingue nazionali fu dunque rimesso in moto ancora una volta grazie a un esponente della Svizzera romancia. Seguirono le discussioni e la votazione sull'articolo costituzionale sulle lingue, l'articolo 116 (116a; 10 marzo 1996), che fu accolto in votazione popolare a larga maggioranza. Questo nuovo articolo sulle lingue è stato poi ripreso e ampliato nella Costituzione del 18 aprile 1999 (art. 70). In tal modo il sostegno della Confederazione a favore dei Cantoni plurilingui è stato sancito nella Costituzione. Nel frattempo, il rigetto dello Spazio economico europeo, nel 1992, aveva inasprito i problemi di comprensione tra le regioni del Paese e posto l'esigenza di elaborare una legge non solo sulle lingue ufficiali, ma anche sulla comprensione. Conoscete il seguito: dopo una faticosa preparazione con il concorso dei Cantoni, il 5 ottobre del 2007 il Parlamento ha adottato la legge sulle lingue.

La legge sulle lingue e l'ordinanza del Consiglio federale, che è strutturata in modo simile, sono in vigore dal 1° luglio 2010. Questi atti normativi enunciano i principi della futura politica linguistica della Confederazione e del plurilinguismo istituzionale dell'Amministrazione federale. Gli ambiti disciplinati sono sostanzialmente tre: la promozione della comprensione reciproca e degli scambi tra le comunità linguistiche della Svizzera, il sostegno dei Cantoni plurilingui e il ruolo delle lingue nazionali nell'Amministrazione federale.

Rifforzare con decisione e coerenza la diversità culturale e linguistica, ponendo attenzione anche alla salvaguardia e alla promozione dell'italiano e del romancio nel Grigioni e in Ticino: è questo l'obiettivo principale della legge. Questi due Cantoni ricevono a tal scopo somme importanti, il Grigioni 4,6 milioni di franchi.

L'ordinanza prevede anche una serie di misure di promozione del plurilinguismo individuale e sociale, partendo dall'idea che la cultura è frutto di scelte individuali e collettive costanti e si costruisce nell'interazione e lo scambio con gli altri. Non a caso, dunque, si prevede di sostenere maggiormente gli scambi tra regioni linguistiche in ambito scolastico, sia per gli allievi che per i docenti. Inoltre si vogliono anche promuovere ulteriormente le lingue nazionali nell'insegnamento.

Per quanto riguarda il plurilinguismo istituzionale dell'Amministrazione federale, la legge e l'ordinanza sulle lingue confermano il ruolo di primo piano svolto dall'Amministrazione federale, in particolare dalla Cancelleria federale, nella realizzazione di una legislazione plurilingue. L'Amministrazione federale è ora però anche espressamente obbligata a tenere in debita considerazione le lingue e le culture nazionali. Questo impegno riflette, da un lato, la realtà plurilingue del Paese e, dall'altro, garantisce il funzionamento di un'amministrazione plurilingue e interculturale. Per questa ragione l'ordinanza sulle lingue pone anche obiettivi molto concreti in termini di percentuali.

Il Consiglio federale ha parlato, presentando l'ordinanza, di «grande progetto nazionale» che a medio termine dovrebbe consentire di sfruttare al meglio la ricchezza data da più culture e il valore aggiunto offerto dalle competenze plurilingui. La Confederazione si schiera in tal modo a favore della diversità e del rispetto delle minoranze linguistiche ed è intenzionata come istituzione a svolgere in questo campo un ruolo esemplare.

La diversità linguistica e culturale è una ricchezza dell'Europa e, in particolare, della Svizzera. Nel corso della storia nazionale la diversità linguistica e culturale si è imposta quale elemento identitario condizionando in modo importante lo sviluppo del nostro sistema politico. La tutela e la valorizzazione della diversità linguistica, culturale, politica e religiosa è sancita in diversi testi legislativi federali. La diversità linguistica è ricchezza. Certo, tutelarla e promuoverla richiede anche impegno - per evitare le soluzioni facili o utilitaristiche e sconfiggere l'indifferenza. Ma è un impegno per una ricchezza effettiva, individuale e collettiva, per il rafforzamento delle lingue nazionali e dell'identità plurilingue del nostro Paese.

Il romancio e l'identità plurilingue della Svizzera