Gentili signore e signori,
cari amici,

è un grande piacere essere qui con voi stasera per festeggiare il nostro Paese. Sono certo che questo momento diventerà un bel ricordo che andrà ad aggiungersi ai tanti altri condivisi con voi in questa bella regione al centro della Svizzera. Mi rammento in particolare di una Landsgemeinde, esempio impressionante di rispetto del sistema democratico; mi ricordo di voi, care e cari Glaronesi, del vostro sguardo fiero, ma privo di superbia. Mi ricordo del vostro cuore e del vostro talento. Mi ricordo di aver pensato: «È qui, proprio qui, che si vedono il cuore e il talento della Svizzera.»

Lo stesso cuore e lo stesso talento li abbiamo percepiti, io e tutto il Consiglio federale, alcune settimane fa in occasione della nostra seduta «extra muros» tenutasi sull’altro versante del Passo del Pragel, a Svitto. Che felicità l’incontro con la popolazione, in particolar modo con i giovani apprendisti che hanno realizzato uno dei regali che distribuirò nel corso di questo mio anno di presidenza: un coltellino svizzero. Ma non uno qualsiasi! Un coltellino svizzero unico al mondo perché interamente assemblato da giovani che stanno svolgendo la formazione professionale.

Anche in quel caso, che cuore e che talento! E uno degli apprendisti ha tenuto a esprimerlo con parole proprie, affermando con fierezza, ma senza supponenza: «Questo sistema ci aiuta a essere forti e a tracciare la nostra strada in modo autonomo».

Essere forti, tracciare la propria strada: ecco la volontà della Svizzera in un mondo sempre più imprevedibile. È questa la volontà che le consente di avere successo. E la Svizzera sta andando proprio bene: fa parte dei Paesi più innovativi e competitivi del mondo. E credetemi, se l’anno scorso un’importante rivista internazionale – dopo aver condotto un’ampia inchiesta – ha definito il nostro Paese «il miglior posto in cui venire al mondo» , ebbene, per quanto mi riguarda, l’ho trovato del tutto naturale!

Il nostro Paese offre infatti quanto c’è di più importante su questa Terra, ossia prospettive di futuro per i giovani. E oggi come oggi non si può certo dire che accada ovunque. Da qualche anno viaggio molto e ho l’occasione di incontrare molti giovani. Nei Balcani, per esempio, ho incontrato recentemente giovani appartenenti a comunità differenti i cui genitori si sono fatti la guerra. Anche se il passato è un fardello pesante, quello a cui sono più interessati è tuttavia il futuro, la prospettiva di trovare un lavoro, di poter vivere in libertà e con dignità.

Per questi giovani dei Balcani, come per altri che vivono in Medio Oriente, in Sudamerica, in Africa o in Asia e conoscono sofferenze profonde, la Svizzera rappresenta un ideale proprio perché offre queste prospettive, perché non è soltanto simbolo di sicurezza e di pace, ma realizza concretamente questi valori. La Svizzera deve proseguire su questa via che offre delle prospettive ai suoi giovani. Deve continuare a distinguersi per la sua elevata qualità di vita, il suo rispetto di ciascuno, per il suo cuore e il suo talento.

Tutto questo non è scontato. Non si ottiene una volta per sempre, ma si respira come l’ossigeno che ci riempie i polmoni. E la storia lo dimostra, sia quella passata che quella presente…

Esattamente cent’anni fa scoppiava la Prima guerra mondiale. Il 1° agosto 1914 la Svizzera decretava la mobilitazione generale e inviava 220 000 soldati a difendere le frontiere. La guerra ha seminato morte e distruzione per quattro lunghi anni in Europa e nel mondo privando dell’avvenire un’intera generazione di giovani. La Prima guerra mondiale ha messo anche a dura prova la coesione sociale e nazionale della Svizzera. Eppure quanti ci hanno preceduto sono riusciti, tutti assieme, a superare la prova e il nostro Paese ne è uscito più forte.

Oggi commemoriamo la Prima guerra mondiale. Oggi viviamo in pace. Lo dobbiamo in gran parte alla nostra cultura politica unica nel suo genere, che pone al centro il rispetto.

Innanzitutto il rispetto delle minoranze. La Svizzera è un mosaico di minoranze. Nessuna perde la propria peculiarità, nessuna è dimenticata, tutte sono importanti, tutte brillano di luce propria. Uno dei grandi punti di forza della Svizzera e delle sue istituzioni moderne è sempre stato quello di integrare le minoranze, anche nell’ambito delle decisioni democratiche.

E poi il rispetto delle opinioni altrui. Questa regola, signore e signori, qui a Glarona la vivete sulla vostra pelle nella Landsgemeinde: ci vogliono cuore e talento anche per dibattere! E alla fine si tirano le somme e tutti possono accettare la decisione finale perché è stata presa nel rispetto e nell’ascolto reciproci.

E infine il rispetto delle caratteristiche locali e regionali. Il federalismo, la ripartizione dei poteri, ciò che tanto manca nel mondo, che ha tanto mancato per decenni in un Paese come l’Ucraina. Il federalismo è un laboratorio di idee, in particolare qui a Glarona, come ci avete dimostrato con la vostra politica innovatrice di fusione dei Comuni.

Questi valori ci scorrono nel sangue. Sono iscritti profondamente nella nostra storia e, nero su bianco, nella nostra Costituzione. È la somma delle nostre opinioni, delle nostre libertà e delle nostre identità che compone la Svizzera, che ci rende forti, che assicura la coesione del Paese, la coesione tra i nostri 26 Cantoni. Non avremmo lo stesso cuore e lo stesso talento se non fossimo più in grado di sommare le nostre diversità …

Quel che conta, alla fine, è andare l’uno verso l’altro e costruire continuamente nuovi ponti. I ponti non permettono infatti soltanto di superare gole e fossati. Essi collegano gli esseri umani, ci collegano al di là delle nostre differenze mantenendo così la coesione nazionale.

Tutti noi possiamo costruire ponti di questo genere. Questa primavera ne ho voluto costruire uno tra due Cantoni situati agli estremi opposti del Paese. In occasione di un’altra Landsgemeinde, quella di Appenzello stavolta, e dei festeggiamenti per il Bicentenario dell’adesione di Ginevra alla Confederazione, ho fatto dialogare una giovane ginevrina e un giovane appenzellese. Un dialogo tra Est e Ovest in Svizzera…

Cosa c’è di più distante di questi due Cantoni dal punto di vista geografico, linguistico, culturale, confessionale, della struttura sociale, politica, economica? Ciononostante questi due giovani sono riusciti a costruire rapidamente dei ponti, con il loro cuore e il loro talento, e con le loro parole: «È la Svizzera – hanno detto – che tiene assieme Appenzello e Ginevra e sono Appenzello e Ginevra che tengono assieme la Svizzera!». E questo vale anche per il Cantone di Glarona e per tutti gli altri Cantoni che contribuiscono alla coesione nazionale.

Gentili signore e signori, cari amici,

la Svizzera offre ad ognuno la possibilità di vivere come più gli aggrada. Gli stili di vita sono diversi, ma ugualmente validi. Ed è la nostra capacità di andare gli uni verso gli altri, di incontrarci a metà percorso, in mezzo al ponte, di fare dei compromessi nonostante le reciproche differenze e poi di metterli in pratica assieme per il bene di tutti che fa la nostra forza comune, la forza della Svizzera.

Una forza che è al contempo una responsabilità. I vantaggi della Svizzera, unici nel loro genere, sono la nostra forza, ma rappresentano anche un’opportunità per il resto del mondo. E come voi, care e cari Glaronesi, andate fieri della vostra Landsgemeinde e i giovani apprendisti del loro lavoro, anche noi possiamo essere fieri, senza peccare di superbia.

Quest’anno la Svizzera ha ricevuto il mandato internazionale di presiedere l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, l’OSCE. Il suo obiettivo: contribuire a costruire una comunità di sicurezza che esplica i suoi effetti oltre le frontiere dei 57 Paesi membri e, in particolare, permettere il dialogo tra Est e Ovest. Concretamente, dall’inizio dell’anno la presidenza svizzera dell’OSCE impiega tutti gli strumenti di gestione dei conflitti per promuovere il dialogo in Ucraina e cercare di evitare una violenza ancora maggiore. L’Organizzazione ha un ruolo di facilitatore neutro e imparziale tra i diversi attori. La Svizzera risulta credibile in questo ruolo proprio perché difende a livello internazionale gli stessi valori che l’hanno resa forte a livello nazionale. La nostra indipendenza, la nostra imparzialità, la nostra neutralità ci aiutano a offrire alla pace opportunità sempre nuove.

Tutto questo è utile e necessario perché il mondo non era pericoloso soltanto un secolo fa. A cent’anni esatti dallo scoppio della Prima guerra mondiale, esplosioni nel cielo, guerre sulla Terra, ondate di odio e d’intolleranza infliggono sofferenza ai bambini e alle famiglie e colmano di profonda tristezza i cuori di tutti noi. Questi drammi, al contempo tanto lontani e tanto vicini, ci rammentano quanto sia necessario dialogare e importante rispettare le reciproche differenze. Ci mostrano che il nostro pianeta è ancora instabile e pericoloso, anche qui in Europa. In un mondo sempre più interdipendente e interconnesso, l’instabilità, anche se lontana dalle nostre frontiere, rappresenta un rischio per il nostro Paese, per il nostro prossimo. Questa profonda tristezza ci spinge ad agire; con la nostra forza e le nostre capacità, con il nostro cuore e il nostro talento.

Gentili signore e signori,

un ulteriore motivo di fierezza per la Svizzera è dato dalla sua apertura al mondo. Da generazioni, gli Svizzeri viaggiano molto e commerciano altrettanto intensamente. Lo sapete benissimo anche voi, care e cari Glaronesi. New Glarus non è forse la più grande comunità svizzera degli Stati Uniti? E i fazzoletti di Glarona, i «Glarner Tüechli», non sono forse famosi in tutto il mondo?

La storia dei fazzoletti glaronesi è senz’altro interessante e assai tipica per il nostro Paese: dal 19° secolo questi tessuti sono stati prodotti utilizzando il cotone importato dal sud degli Stati Uniti, dal Brasile, dall’Egitto e dall’India. Insomma, da un po’ ovunque. La trasformazione ad alto valore aggiunto di questa materia prima avveniva però nel Cantone di Glarona. Si iniziava con la filatura del cotone, per esempio presso i fratelli Paravicini, emigrati valtellinesi che a Schwanden avevano costruito una grande filanda. La lavorazione proseguiva poi con la tessitura e la stampa delle «indiane», quei particolari motivi dalle tinte vivaci originari dell’Indonesia.

Come numerosi altri prodotti svizzeri, realizzati con cuore e talento, i fazzoletti di Glarona sono stati esportati in tutto il mondo. La grande popolarità dei «Tüechli» era dovuta alla loro qualità eccellente, ma anche all’impegno delle società commerciali glaronesi, che si adoperavano senza sosta per trovare sempre nuovi sbocchi, giungendo persino a condurre delle vere e proprie ricerche di mercato per adeguare la merce ai desideri dei clienti.

Con intelligenza, il Cantone di Glarona ha fatto confluire idee, persone e materiali da tutto il mondo; attraverso l’innovazione ha saputo creare valore aggiunto e ha distribuito i suoi prodotti di nuovo ai quattro angoli del globo. Apertura, innovazione e amore per il lavoro ben fatto: la chiave del successo è questa, per Glarona e per la Svizzera nel suo complesso, oggi come ieri. Lo stesso vale per l’immagine internazionale della Svizzera: sia che si tratti di promuovere la pace o di esportare determinati prodotti, in tutto il mondo lo «swiss made» è sinonimo di qualità e fiducia.

Per questa ragione dobbiamo fare tutto il possibile affinché anche le generazioni future possano ispirarsi al modello glaronese e vivere in una Svizzera aperta al mondo. E ce ne vorrà di cuore e di talento, qui in Svizzera, per trovare una via lungo cui condurre le nostre future relazioni con l’Unione europea, il nostro vicino che diventa sempre più grande.

Dal punto di vista economico i dati sono chiari: per la Svizzera, gli scambi con l’Unione europea costituiscono ben più della metà del suo commercio estero. Le regioni confinanti svolgono un ruolo decisivo per la nostra prosperità: basti pensare che le relazioni commerciali con il Baden-Württemberg sono altrettanto intense di quelle che la Svizzera intrattiene complessivamente con cinque dei più grandi Paesi al mondo: Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica.

La situazione è chiara anche a livello politico: il Popolo svizzero preferisce gestire da sé il fenomeno dell’immigrazione e ha deciso di rimettere in causa l’accordo sulla libera circolazione delle persone. Al contempo ha ribadito a più riprese di voler perseguire una via bilaterale con l’UE. In altre parole: vogliamo buoni rapporti, ma nessuna adesione, né allo SEE né alla stessa UE.

Per orientare il Paese verso la migliore soluzione per il futuro – una soluzione che coniughi l’obiettivo della prosperità con quello dell’indipendenza – è necessario anzitutto dare prova di calma, perseveranza e coraggio. Il cammino, infatti, sarà lungo e accidentato. Il Consiglio federale si sta adoperando per trovare una soluzione concertata: da un lato vi è la necessità di tradurre la volontà espressa dal Popolo, che chiede una migliore gestione dell’immigrazione e quindi anche una migliore valorizzazione di quelle persone che hanno cuore e talento e che sono già presenti nel Paese (persone spesso ignare delle loro stesse qualità oppure ignorate, com’è soprattutto il caso delle donne o dei lavoratori ultracinquantenni). D’altro lato, occorre individuare una reale prospettiva futura per la via bilaterale, il che dovrebbe avvenire attraverso un accordo istituzionale con l’UE che stabilisca in che modo sviluppare le nostre relazioni. Un accordo istituzionale da stipulare con l’UE, certo, ma un accordo che preservi le istituzioni svizzere. Solo così potrà servire al Paese.

È comunque ancora troppo presto per spiegare in che modo tutto questo si concretizzerà e quali saranno i contorni precisi della soluzione. Una cosa è però già certa: questo cammino lo percorreremo assieme e il Popolo svizzero – ognuna e ognuno di noi – avrà modo di dire la sua.

Gentili signore e signori,

presiedere il Consiglio federale è un grande onore e un privilegio: è l’onore e il privilegio di partecipare a numerosi incontri legati al Paese e al suo avvenire. Vorrei cogliere l’occasione di questo Primo agosto trascorso in vostra compagnia per ringraziare il Popolo svizzero, dal più profondo del cuore, per tutti i momenti trascorsi assieme.

Nel corso degli ultimi mesi ho avuto modo di incontrare apprendisti e studenti dei Cantoni di Lucerna, Appenzello, Ginevra, Svitto e Berna; scolari del Cantone di Neuchâtel e, questa sera, anche di Glarona; oggi pomeriggio, nella cappella di Guglielmo Tell, mi sono intrattenuto con un gruppo di giovani Svizzeri all’estero provenienti da quattro diversi continenti. Inoltre, il prossimo mese di settembre ho in programma di lavorare con alcuni rappresentanti dei giovani nel quadro dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, mentre in novembre viaggerò con tre classi di scolari svizzeri che stanno facendo una ricerca sulla Prima guerra mondiale: assieme visiteremo i campi di battaglia di Ypres, in Belgio, un Paese che nel 1914 era neutrale e ciononostante fu sconvolto dalla guerra.

In questo mio anno di presidenza sono vivi in me il desiderio e la volontà di ascoltare i giovani, le loro preoccupazioni, di capire meglio la loro visione del mondo, quel mondo che erediteranno dalle nostre mani. Perché, in fondo, la politica ha proprio questo scopo: preparare un mondo migliore per coloro che verranno dopo di noi. È a loro, alle generazioni che ci seguiranno, che dobbiamo pensare quando pianifichiamo l’avvenire delle nostre assicurazioni sociali o quando discutiamo di futuro energetico o di ambiente. È per loro che dobbiamo impegnarci, quando lavoriamo nei nostri Comuni, nei nostri Cantoni, alla Confederazione.

Gentili signore e signori,

per fare le cose con cuore e talento non c’è un’età minima. E voi lo sapete bene, care e cari Glaronesi, che vivete nell’unico Cantone in cui i giovani possono partecipare alle decisioni popolari già a partire dai 16 anni…

E ad ogni modo la gioventù è di chi, indipendentemente dall’età, opera con il cuore e il talento. La Svizzera è una storia di successo e continuerà a esserlo fino a quando saprà rinnovarsi, fino a quando rimarrà aperta al mondo e al contempo unica nel suo genere e fino a quando rimarrà «giovane».

A ognuna e a ognuno di voi giunga il mio ringraziamento per il cuore e il talento che dimostrate, per l’amore che riservate alla nostra Patria. Vi auguro di trascorrere un magnifico Primo agosto!

"Cuore e talento. La peculiarità della Svizzera: un’opportunità per il mondo"