Signore e signori

Non mi è difficile immaginare gli argomenti che voi, nella vostra qualità di proprietari fondiari, vorreste vedermi affrontare in questa sede: può darsi che desideriate sapere come evolveranno l'imposizione della proprietà abitativa e il valore locativo, o che vogliate che vi presenti proposte concrete in merito all'edilizia agevolata, con meno norme edilizie e molti altri argomenti che vi stanno a cuore, vi creano problemi o vi fanno arrabbiare.

In effetti è doveroso tutelare la proprietà fondiaria. Ecco perché l'Associazione svizzera dei proprietari fondiari è chiamata a difendere gli interessi dei suoi soci, anche a costo di assumere posizioni rigide e scomode. Mi pare un assunto fondamentale. Infatti la proprietà e la sua tutela sono vitali, non tanto per il proprietario stesso, quanto per il benessere e la libertà dell'intera popolazione.

I. Moltiplichiamo la proprietà

È indubbio che oggi si tende a restringere la proprietà privata con troppa leggerezza. Credo che tutti - politici compresi - non riconoscano più la necessità fondamentale di tutelare la proprietà. Inoltre sono convinto che dobbiamo far riaffiorare nella mente dei cittadini il significato recondito della proprietà. Dobbiamo ricominciare a puntualizzare quanto sia importante e vantaggiosa per una società la proprietà privata dei cittadini. Occorre illustrare quanto la creazione di ricchezza sia pagante, spiegare quanto sia fondamentale per uno Stato che i suoi cittadini possano acquisire, amministrare e accrescere beni patrimoniali lavorando, impegnandosi e mettendo a frutto il loro talento. Purtroppo l'opinione pubblica, condizionata a dovere, sotto sotto la pensa diversamente. Singoli partiti e media stanno coltivando un clima di astio, teso a intaccare le basi del nostro benessere. Siamo arrivati al punto in cui gli imprenditori provano un malcelato senso di colpa quando annunciano gli utili conseguiti. È assurdo! Alla luce del diffuso clima di invidia sociale, chi possiede una casa ha l'impressione di essere considerato una specie di farabutto. Eppure si è guadagnato quello che possiede. Ha dimostrato la sua disponibilità e la sua capacità di assumere la responsabilità della sua persona e della sua dimora: chi costruisce una casa ribadisce di voler prendere in mano la propria vita. Non che gli inquilini non lo facciano, ma il proprietario accetta una duplice sfida assumendo la responsabilità e di locatario e di locatore.

II. Lo Stato di diritto liberale

I padri fondatori del nostro Stato federale del 1848 avevano un innato rispetto per la proprietà privata, il cui primato pareva loro così legittimo che non pensarono nemmeno di ancorarlo nella Costituzione federale. Soltanto nel 1969 i giuristi integrarono la Costituzione tutelando la proprietà. E sapete perché? Non tanto per salvaguardarla, quanto per arginarla e soggiogarla a una miriade di leggi e prescrizioni. Per porre massicce restrizioni alla proprietà privata, lo Stato decise di garantirla nella Costituzione. Anche questo dovrebbe indurci a riflettere.

Nel 1848 i padri fondatori liberali gettarono le basi per una storia di successo senza eguali. La Svizzera non era affatto predestinata a far parte dei Paesi più prosperi del mondo, in quanto si è sempre contraddistinta per la sua povertà naturale. La sua ricchezza consisteva e consiste nelle sole possibilità offerte da un sistema di governo liberale, democratico e diffidente verso l'apparato statale. All'epoca in cui nasceva lo Stato liberale elvetico, il tedesco Friedrich Engels, amico e sostenitore di Karl Marx, viaggiò per l'Europa analizzando ogni Paese in base alle opportunità economiche che offriva. Giunse alla conclusione che, alla prova dei fatti, ogni Paese avrebbe potuto raggiungere il benessere - a parte la Svizzera, destinata a rimanere povera per sempre. A sostegno di tale tesi addusse motivi che riteneva inconfutabili: privo di risorse naturali e di accesso al mare, la Svizzera era caratterizzata da una topografia del tutto sfavorevole a una prosperità generalizzata (barriera alpina). Pertanto non avrebbe mai potuto sviluppare un mercato interno degno di questo nome, senza contare poi le "lotte tribali" che laceravano quello strano Paese, ossia i tentativi di autoaffermazione federalista dei vari Cantoni. L'analisi economica di Engels non era del tutto campata in aria, ma non teneva conto di qualità quali il potere della libertà e l'estro creativo e produttivo dei cittadini, altrimenti lui e Marx avrebbero potuto fare a meno del loro Manifesto Comunista. Nella loro teoria, il socialismo origina la migliore società immaginabile, ma gli uomini vivono nella realtà, che è ben diversa: la Svizzera continua a essere povera di risorse naturali, ma è divenuta ricca grazie alle possibilità di libero sviluppo. A 150 anni dalla costituzione dello Stato di diritto liberale e 150 anni dopo Marx, possiamo affermare che le libertà fondamentali dei padri fondatori liberali (libertà di scelta, autodeterminazione, libero commercio, garanzia della proprietà) hanno portato benessere e prosperità al nostro popolo. Laddove invece ha preso piede il marxismo, la situazione è volta al peggio arrecando indigenza, schiavitù e rovina ambientale.

III. Dalla proprietà nasce la responsabilità individuale

Da dove nascono tali evidenti diversità? Lo Stato federale liberale promuove la proprietà privata, mentre il socialismo la statalizza. Una volta eliminata la proprietà privata, svanisce anche la responsabilità. Laddove, come in una società statalizzata, la responsabilità è ripartita su tutti, alla fine nessuno se l'assume. Non si tratta di elucubrazioni filosofiche, ma di fatti nudi e crudi. Di recente il gestore di un autonoleggio mi spiegò che le macchine noleggiate restano in circolazione soltanto per un terzo del tempo che circolano quelle acquistate. Qual è il motivo? Il proprietario si prende cura della sua auto - il noleggiatore no, perché non si sente responsabile.

Senza la proprietà è impossibile operare nel rispetto dei dettami dell'economia di mercato. Ecco perché lo Stato è chiamato a tutelare la proprietà nell'interesse della comunità! In compenso la libera economia di mercato permette di mettere a frutto capacità obiettive quali l'abilità, l'applicazione e il successo per accedere alla proprietà. Più è libera l'economia, più la proprietà è accessibile a tutti. Laddove lo Stato domina e regolamenta l'economia, dilagano per contro gli abusi, il clientelismo e la corruzione. È comprovato che la corruttibilità aumenta non appena sono in gioco fondi, committenti o appalti pubblici, perché nessuno deve farsene carico con il proprio patrimonio. E chi non è direttamente toccato nel proprio patrimonio accetta più facilmente intrallazzi che si scostano dalla logica del mercato. Il settore privato invece insegue interessi ben definiti: il miglior lavoro possibile al minor prezzo possibile nel minor tempo possibile.

IV. Lo Stato e la proprietà privata

L' articolo 641 del Codice civile recita: "Il proprietario di una cosa ne può disporre liberamente entro i limiti dell'ordine giuridico. Egli può rivendicarla contro chiunque la ritenga senza diritto e respingere qualsiasi indebita ingerenza." A prima vista questa disposizione appare piuttosto promettente: ognuno deve poter disporre "liberamente" della sua proprietà, tuttavia soltanto "entro i limiti dell'ordine giuridico". La triste esperienza di ogni proprietario fondiario insegna quanto siano a dir poco soffocanti tali limiti:

Si comincia con la pianificazione del territorio e il piano regolatore. Seguono le snervanti procedure per il rilascio del permesso di costruzione, compresi gli eventuali ricorsi che possono bloccare i lavori per anni o addirittura per sempre. Una volta ottenuto il permesso, occorre rispettare innumerevoli norme che fanno lievitare i costi, senza contare le tasse di allacciamento, i costi di urbanizzazione e vari altri oneri quali ad esempio gli emolumenti per l'ufficio del registro fondiario o gli onorari degli avvocati coinvolti. Questo per quanto riguarda il lato tecnico-finanziario. Al momento dell'acquisto emerge invece l'assurdità del nostro sistema fiscale. Chi svolge un'attività lucrativa, da bravo cittadino, paga l'imposta sul reddito. Con quello che gli rimane può costituire un patrimonio cui il fisco attinge una seconda volta prelevando l'imposta sulla sostanza. Se ciò nonostante dovesse riuscire a risparmiare abbastanza per acquistare un alloggio, dovrà dichiarare il valore locativo quale reddito fittizio e l'appartamento quale sostanza. In caso di vendita o di successione saranno poi prelevate ulteriori imposte. L'anno scorso si voleva non proprio abolire, ma almeno allentare un po' questa assurda ed evidente imposizione multipla. Purtroppo il progetto di sgravio, più che necessario per il ceto medio, è stato silurato ed è ben difficile che vada in porto nel prossimo futuro.

V. L'etica della moltiplicazione

Non mi aspetto che lo Stato promuova la proprietà d'abitazioni in modo attivo. Saremmo già abbastanza grati se il "sostegno" dello Stato fosse concepito in modo tale da perlomeno non ostacolare il cittadino che intende provvedere alla propria previdenza individuale. In realtà, lo Stato interviene in modo sempre più sfacciato nei rapporti di proprietà. Negli USA il successo sprona le persone che non ne hanno ancora avuto, in Europa invece la tendenza va verso il livellamento: se io non possiedo una cosa, allora non la deve possedere nemmeno l'altro, perlomeno non deve avere più di quanto non possegga io. Non bisogna fare sforzi particolari per riconoscere che il modello americano produce effetti positivi: lavorare? Deve e può valerne la pena! Il fattore determinante sta nel successo. Perché ci convince il modello americano, ossia i tassi di crescita costantemente alti? Perché la maggior parte degli attori americani appoggia l'etica della moltiplicazione. Il fatto che in Svizzera gli imprenditori debbano quasi scusarsi per avere conseguito utili straordinari o che perlomeno si sentano in colpa nel diffondere simili notizie, rappresenta uno degli sviluppi più deleteri degli ultimi tempi. L'utile, in fondo, non è nient'altro che la ricompensa per un lavoro svolto, l'espressione del successo e, al contempo, la garanzia per un futuro prospero. L'utile è il sangue dell'impresa. L'utile promuove gli investimenti, crea nuovi posti di lavoro, rafforza la crescita che, a sua volta, va a vantaggio dell'intera economia. La Svizzera di successo si è sempre attenuta a questi principi liberali.

Nel frattempo si è tuttavia fatta strada l'etica della ripartizione. Sotto le spoglie di una "compensazione sociale" mira a punire chi è disposto a darsi da fare e a premiare chi non ha successo. Siamo confrontati a un livellamento che pregiudica il benessere nel suo complesso, poiché gli incentivi posti sono sbagliati. Se avessimo degli insegnanti che valutano le prestazioni degli allievi seguendo il principio della ridistribuzione ci troveremmo di fronte a una situazione catastrofica. Cosa succederebbe se gli allievi non ottenessero la nota che si meritano, ma un voto che rappresenta la media di tutte le note? Lo studente pigro verrebbe premiato e non sarebbe motivato a dare di più la prossima volta; quello diligente, per contro, si sentirebbe tradito e in futuro lavorerebbe di meno. Perché? Perché non ne vale la pena! L'allievo pigro resta pigro. L'allievo diligente viene punito e quindi diventa pigro. Se vogliamo fare il bilancio di questa ridistribuzione possiamo dire che c'è senz'altro stata compensazione: ora tutti gli allievi sono ugualmente deboli, stupidi e pigri. Ciò che vale per gli studenti si applica, in generale, anche allo Stato in cui vige il principio della ridistribuzione. Gli esseri umani funzionano così.

VI. Sui sentieri di Marx

Se percorriamo la storia a ritroso, l'anno di fondazione della Svizzera, il 1848, ci apre due possibili sentieri. Li ho nominati in precedenza. Si tratta dello Stato federale liberale o della via del socialismo.

Per decenni la Svizzera si è orientata ai principi liberali. Con successo. Ma negli ultimi 15- 20 anni ci siamo scostati dal sentiero, visto che l'élite politica nazionale ha preferito orientarsi al principio della ridistribuzione. Gli Stati europei e anche la Svizzera hanno tradotto in realtà numerosi aspetti del socialismo, più di quanti non si creda. Nel suo "Manifesto Comunista", pubblicato nel 1848, Marx illustra quali "misure" prendere per "accentrare" la proprietà nelle mani dello Stato.

Per Marx la "misura" più importante era l'espropriazione della proprietà fondiaria. Da noi tale espropriazione non è operata in modo aperto, ma celato: mediante imposte dirette e indirette. Mediante un elenco interminabile di tasse, emolumenti, imposte e premi obbligatori. Oggi lo Stato decide la sorte del cinquanta per cento del nostro reddito. Come potete vedere, Marx si direbbe già abbastanza soddisfatto della Svizzera, visto che lo Stato "espropria" i propri cittadini già nella misura del 50 per cento.

Marx chiedeva inoltre "un imposta fortemente progressiva". Anche in questo contesto il teorico comunista non potrebbe fare altro che proferire parole di lode nei nostri confronti. In Svizzera la progressività dell'imposta è già da tempo una realtà. Il suo scopo è la ridistribuzione e, come l'espressione "giustizia sociale", non viene mai messa in discussione. Con tutto il fracasso prodotto attorno alla questione del reddito dei manager viene spesso sottaciuto il fatto che di tali ingenti redditi resta ben poco a libera disposizione, una volta sottratte tutte le tasse. Tanto per fare un esempio: il capo dell'UBS guadagna 11,8 milioni di franchi e ne versa 8,5 al fisco.

Oltre a ciò Marx voleva anche eliminare il diritto successorio e quindi spezzare la continuità della proprietà, delle imprese e del capitale emancipato. Gli odierni seguaci del marxismo non vogliono eliminare il diritto successorio, ma introdurre una consistente imposta sulle successioni. Non vogliono cambiare nulla, insomma. Ogni generazione sarà, a sua volta, espropriata.

Marx voleva anche nazionalizzare la maggior parte delle aziende, dei centri di produzione e dei beni. Per fortuna non soltanto gli Stati comunisti, ma anche quelli dell'Europa occidentale si sono resi conto delle conseguenze delle imprese pubbliche. In questi casi i fautori dell'economia statale parlano di "servizio pubblico" - espressione vaga che serve, ovviamente, soprattutto a mascherare il carattere discutibile di tali "pubblici fornitori di prestazioni".

Dobbiamo di nuovo imparare a considerare gli aspetti più estremi della politica. Lo scopo del socialismo, in fondo, è di abolire la libera economia di mercato e la proprietà privata. Per citare ancora una volta Karl Marx: "In una parola, voi ci rimproverate di volere abolire la vostra proprietà. Certo, questo vogliamo". Si può dire che il pregio di Marx era quello di non avere peli sulla lingua.

VII. La proprietà privata è sociale

Da dove viene quest'ostilità quasi istintiva nei confronti della proprietà? Evidentemente la proprietà offre al proprietario un certo livello d'indipendenza che gli permette di sottrarsi alla tutela dello Stato. Chi vuole regnare in modo assoluto sui cittadini deve renderli in qualche modo dipendenti. A tal fine non occorre per forza usare la violenza. Spesso - molto più spesso - conviene usare stratagemmi più subdoli quali l'abitudine, i falsi incentivi oppure l'ingerenza statale che può essere dedotta da una semplice cifra: la quota statale.

Uno Stato è sano quando ha un ceto medio forte. Dal ceto medio provengono nuovi imprenditori. A lungo termine il ceto medio crea nuovi posti di lavoro. Il ceto medio è affamato, perché ha ancora degli obiettivi da raggiungere. Bisogna offrirgli la possibilità di realizzare le sue idee e i suoi piani. Non dobbiamo permettere che lo Stato lo rovini e poi si meravigli se mancano i redditi. Voi, in quanto membri dell'Associazione svizzera dei proprietari fondiari e cittadini di questo Paese, dovete rispettare il vostro mandato politico: la proprietà è importante. La proprietà è una cosa giusta. La proprietà è sociale. La proprietà è responsabile. Dobbiamo badare a che venga conferito nuovo lustro al credito dato al lavoro e al successo (e cosa è la proprietà se non l'espressione di un lavoro e del successo?). Occorre dare vita a una politica per le persone che vogliono portare avanti il nostro Paese.

Il liberalismo ha portato alla piena occupazione (anche per il venti per cento degli stranieri), paga salari più alti e premia il successo. La Svizzera liberale e indipendente ha posto la pietra miliare per un successo economico e sociale senza precedenti. Quanto più è liberale una società, tanto più questa genera benessere, per tutti!

Voi tutti siete chiamati ad adempiere un mandato estremamente importante: tutelate la proprietà. Difendete l'essenza della proprietà. Le persone devono poter lavorare. Devono essere ricompensate per il loro impegno. Deve valere la pena di darsi da fare. La proprietà genera sicurezza, indipendenza e libertà. È ben vero che viviamo in tempi incerti. Ma anche i padri fondatori hanno vissuto una periodo difficile della storia. Dopo la guerra civile, nel cuore di un'Europa monarchica, si sono ispirati a tre principi: l'autodeterminazione, lo spirito imprenditoriale e la libertà. Ciò vale anche oggi. Guardiamo ai vecchi Stati socialisti. Adottano in modo coerente tali valori liberali! Anche noi dovremmo rammentarci di questo retaggio liberale: continuiamo a costruire insieme il successo della Svizzera.

Proprietà e responsabilità