Crack Parmalat: chiuse le indagini svizzere per riciclaggio

Berna, 28.05.2015 - Le indagini condotte in Svizzera a seguito del dissesto del gruppo agroalimentare italiano Parmalat sono terminate. Il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha recuperato in totale oltre 30 milioni di franchi svizzeri e con un ultimo atto d’accusa rinvia a giudizio dinanzi al Tribunale penale federale di Bellinzona un cittadino italiano per riciclaggio di denaro aggravato, ripetuta falsità in documenti e corruzione attiva.

La persona in questione – un cittadino italiano residente in Italia, dapprima alto dirigente della banca statunitense Bank of America N.A. nella succursale italiana di Milano e anche consulente della italiana Parmalat S.p.A. in seguito – è accusata di avere riciclato, dal 2000 al 2004 in Svizzera, principalmente in Ticino e nel Cantone dei Grigioni ma pure nel Principato del Liechtenstein, non meno di 85 milioni di franchi svizzeri (valore di cambio dell’epoca) frutto delle distrazioni criminali commesse con altre persone ai danni del gruppo italiano.  

Secondo le accuse formulate dal MPC, per riciclare l’ingente ammontare l’accusato ha utilizzato conti bancari intestati a prestanome e a società di comodo, falsificato documentazione bancaria e pure corrotto un funzionario della Banca Cantonale Grigione, che è già stato condannato nel dicembre 2013 dal Tribunale penale federale in una procedura abbreviata anche per riciclaggio di denaro aggravato e corruzione passiva. Dall’avvio delle indagini ad oggi, altre undici persone con ruoli minori, fra cui due consulenti di banca svizzeri e un fiduciario al tempo dei fatti attivo sulla piazza di Lugano, sono già state condannate definitivamente con decreti d’accusa per reati quali il riciclaggio, la falsità in documenti e il favoreggiamento.  

La ricostruzione dei fatti e in particolare delle transazioni bancarie, effettuate dagli analisti del MPC con la collaborazione della Polizia giudiziaria federale, si sono rivelate particolarmente laboriose anche per la vastità e la complessità del quadro probatorio. Le indagini internazionali hanno potuto essere portate a compimento grazie alla stretta collaborazione con la Procura di Parma, nelle prime fasi affiancata da quella con la Procura di Milano, ma anche col supporto della vasta assistenza giudiziaria assicurata da altre autorità giudiziarie e di polizia giudiziaria italiane e pure di altri paesi, fra cui il Brasile, il Lussemburgo, gli Stati Uniti, l’Australia, la Nuova Zelanda e il Principato di Monaco.   

Il crack del gruppo agroalimentare italiano, fallito nel 2003, aveva provocato un buco calcolato in circa 14 miliardi di Euro anche a danno dei piccoli risparmiatori titolari di azioni. Nel corso delle sue indagini, il MPC ha potuto bloccare in Svizzera (circa 10 milioni di franchi svizzeri) e nel Principato del Liechtenstein (oltre 20 milioni di franchi svizzeri) parte dei valori patrimoniali riciclati dall’accusato; secondo il MPC quest’ultima parte dovrebbe essere restituita alla società italiana, che partecipa al procedimento in qualità di accusatrice privata con Bank of America N.A., e pertanto ai risparmiatori.


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